Una nuova legge per lo spettacolo. Il Codice dello spettacolo dal vivo è in questi giorni all’attenzione del Senato. Nella prima stesura c’era un problema: i parchi divertimento, itineranti o permanenti che siano, erano sono scomparsi. La bozza prevedeva infatti l’abrogazione della l. 337/1968, la legge sulle attività di spettacolo viaggiante e parchi di divertimento, invidiata da tutti i colleghi degli altri paesi europei.
I primi estensori ritenevano dunque che l’attività di spettacolo viaggiante, dalla piccola giostra fino ai parchi tematici visitati da oltre 2 milioni di ospiti l’anno, non facessero parte delle arti performative, vero oggetto del Codice. Secondo Wikipedia “Le arti performative sono forme artistiche in cui l’opera consiste nell’esecuzione di un determinato insieme di azioni da parte dell’artista di fronte ad un pubblico”.
Se poi col termine spettacolo dal vivo si debbano intendere solo le arti performative, è tema difficile da trattare, perché soggettivo. In ogni caso, secondo recenti interpretazioni del MIBACT, lo spettacolo dal vivo è il cinema – spettacolo riprodotto, nato all’interno dello spettacolo viaggiante, con il cinema itinerante – il teatro, la danza, il circo e l’arte di strada, a differenza del Governo, nella cui Delega compare anche lo spettacolo viaggiante.
Ora la questione si sposta in Senato, dove si dovrà trovare una collocazione allo “spettacolo viaggiante”. Si era vociferato un trasferimento al Ministero dello Sviluppo economico – in effetti gestisce già il commercio ambulante – probabilmente perché, secondo qualcuno, gestire un banco di limoni o un’attrazione da un milione e mezzo di euro, in fondo è la stessa cosa. Vendere al mercato rionale, dove la gente va per acquistare beni, o realizzare eventi, manifestazioni di grande richiamo, come il luna park, e gestire parchi tematici che producono e propongono al pubblico anche 20 spettacoli al giorno, con artisti professionisti, è dunque più o meno uguale.
Nei contatti che ne sono seguiti abbiamo segnalato che il nostro settore non vende limoni o detersivi, né spinge semplici interruttori che avviano macchinari, ma propone esperienze che coinvolgono i sensi, emozioni non molto diverse – in astratto – da quelle che si vivono visitando un museo moderno o durante un concerto rock o di musica da camera. Walt Disney, che ha inventato il parco a tema, sosteneva che “Disneyland is the show”, spettacolo che si realizza solo con la partecipazione del pubblico, che trasforma un gruppo di belle attrazioni in un vero spettacolo. Credo che nel 2016 questa affermazione sia condivisibile, sempre che si si liberi dall’idea che sia spettacolo solo quello “alto”, per un pubblico eletto.
Era emersa, dunque, una nuova tendenza, quella che non riconosce più allo spettacolo viaggiante la valenza di “bene culturale”, forma di spettacolo e socializzazione popolare, apprezzato dai cittadini – in termini di presenze – assai più di forme di spettacolo dal vivo scarsamente apprezzate, guardando i numeri, le quali vivono solo grazie ai contributi dello Stato e degli Enti locali.
In Italia, nel resto d’Europa e negli Stati Uniti ci sono musei della giostra, come bene culturale. Solo in Italia si è tentato di disconoscere questo ruolo, ben evidenziato nella pubblicazione Viaggiatori della Luna. Non a caso, ad esempio il Bonus per i 18enni non è stato esteso a questo settore, ma è possibile andare al cinema per vedere qualsiasi tipo di film, anche quelli non proprio educativi.
Lo Stato italiano ha sempre considerato lo spettacolo viaggiante una forma di spettacolo e di cultura popolare, già nei primi anni del ‘900, con le corporazioni degli anni ‘30 e nel secondo Dopoguerra, con le competenze della Presidenza del Consiglio dei Ministri, successivamente affidata al Ministero del turismo e dello spettacolo, istituito nel 1959 ed abrogato con un referendum del 1993, poi al Ministero per i beni e le attività culturali e il turismo. Non a caso le autorizzazioni sono oggi quelle del Pubblico Spettacolo, previste dal TULPS, la fiscalità è quella dello spettacolo, così come lo è stata la previdenza, con l’ENPALS. C’era una logica, che non era sfuggita ai promotori della legge 337/1968 – che già all’epoca aveva inserito anche i parchi permanenti di divertimento – c’era la volontà di sostenere lo sviluppo di un settore che oggi si vorrebbe cancellare, abrogando una legge. La istanza di riconoscimento del luna park come facente parte del “patrimonio culturale immateriale” dell’UNESCO, presentata da alcune nazioni europee, va proprio in quella direzione.
Perché è ancora indispensabile la legge 337/1968
La legge 337/1968 regola la denominazione delle attrazioni, elemento essenziale delle licenze di Pubblico Spettacolo. L’elenco ufficiale delle attrazioni è indispensabile ancora oggi, e non si può cancellare senza aver valutato le conseguenze di questa abrogazione. Chi ne aveva previsto l’abrogazione lo ha fatto senza disporre delle informazioni necessarie. La legge 337 ha una funzione essenziale per lo spettacolo viaggiante itinerante, la sua abrogazione genererebbe l’anarchia nei luna park, con conseguenze catastrofiche.
L’estensore della bozza dovrebbe forse approfondire la conoscenza della vita e le modalità di esercizio dei luna park, delle 5.000 imprese che svolgono questa attività e delle famiglie che vivono in forma itinerante, per seguire la propria attività. Chi ha previsto l’abrogazione della legge 337 senza dare seguito ad altre modifiche normative, non ha focalizzato il fatto che un settore che esercita con l’aliquota IVA al 10% – in quanto attività culturale e di spettacolo – rischierebbe di trovarsi ad applicare l’aliquota più alta, del 22%, aumentando di fatto la tassazione per queste tipologie di aziende. Imprese familiari, o parchi di divertimento con fatturati di oltre 100 milioni di euro, si troverebbero una pressione fiscale assolutamente insostenibile.
Con l’abrogazione della legge 337 scomparirebbe anche il richiamo alla funzione sociale, l’elemento dal quale derivano tutti gli altri. Spettacolo viaggiante e parchi permanenti di divertimento continuano a svolgere la “funzione sociale”, valore che il legislatore ha inteso riconoscere al settore con l’articolo 1 della legge 337. Bambini, famiglie, gruppi di amici, partecipano nei luna park ad una forma di spettacolo e socializzazione nella quale sono proprio loro i protagonisti, in un contesto di luci, colori e profumi che fanno da palcoscenico al pubblico, il quale diventa a suo modo protagonista di uno spettacolo popolare.
E i parchi di divertimento? Hanno budget annuali di centinaia di migliaia di euro per gli spettacoli: ospitano musical, compagnie di ballo, artisti circensi e di arte varia. Si danno più spettacoli in un grande parco di divertimento, con centinaia di artisti professionisti, che in molti capoluoghi di provincia italiani. Forse questo fatto necessiterebbe di ulteriore approfondimento da parte del MIBACT.
Infine il Fondo Unico Spettacolo. I circa 2 milioni e mezzo di euro – ben lo 0,55% del FUS – riservati al settore per il rinnovo delle attrezzature, sarebbero stati quindi destinati ad altre forme di spettacolo. È in ballo la modernizzazione degli impianti, la riqualificazione delle attrazioni, la sicurezza dei cittadini che hanno diritto a divertirsi su attrazioni moderne e più sicure. Questa sarebbe la fine del “consolidamento” del settore enunciato come impegno dello Stato, nel primo articolo della legge 337.
Nella Commissione Istruzione del Senato si è aperto tuttavia uno spiraglio, sono stati recepiti gli argomenti e sembra possibile rimediare a questo approccio così ingiusto verso il settore. C’è da lavorare, soprattutto per favorire la conoscenza dei temi dello spettacolo viaggiante e dei parchi di divertimento.




