Triste la storia dei contributi emergenziali ai parchi di divertimento, stanziati dal Governo per gli anni 2021 e 2022 al fine di sostenere un’industria da 20 milioni di biglietti e un fatturato di oltre mezzo miliardo di euro, che raggiunge quasi due miliardi con l’indotto.
Per ristorare parchi tematici, parchi acquatici, zoo ed acquari, dalla grave perdita di fatturato del 2020, il Governo ha infatti stanziato nel 2021 venti milioni di euro, purtroppo distribuiti attraverso bandi regionali che hanno mostrato un’Italia veramente frammentata. Se poche Regioni hanno emanato bandi che hanno permesso alle imprese di settore di essere in parte compensate, altre Regioni hanno erogato contributi senza criterio. Abbiamo assistito a somme erogate a pioggia, a settori non contemplati dalla norma, o a forfettarie, per cui a prescindere dai bilanci e dalla riduzione di fatturato, una azienda che ha perso decine di milioni di euro ha ricevuto qualche decina di migliaia di euro.
Anche per il 2022 il Governo ha nuovamente reperito 20 milioni di euro, ma questa volta i provvedimenti applicativi sono stati emanati con grave ritardo, superando il termine del 30 giugno, decorso il quale tutti gli aiuti di Stato sono tornati a non poter superare la somma complessiva di 200.000 euro per azienda. Il regime de minimis prevede infatti che l’importo massimo degli aiuti di questo tipo ottenuti da una impresa non possa superare, nell’arco di tre anni, i 200.000 euro.
In effetti lo stanziamento era stato disposto il 27 gennaio con il DL Sostegni Ter, convertito in legge a fine marzo. Solo il 4 aprile scorso è stata deliberata la ripartizione alle singole Regioni, con DPCM pubblicato in Gazzetta Ufficiale solo il 17 giugno scorso e solo grazie a reiterate sollecitazioni. Le Regioni non sono quindi riuscite ad emanare i bandi entro il 30 giugno, termine disposto dal Temporary Framework per la disapplicazione del regime de minimis ai ristori relativi alla pandemia.
Dunque le Regioni stanno emanando i bandi – mentre scriviamo sono già diffusi quelli di Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna, Toscana, Abruzzo e Campania – ed altri seguiranno. In tutti è presente il vincolo per l’importo della somma massima percepibile alla capienza rimanente del plafond di 200.000 euro nel triennio. Il risultato è che chi ha già superato il plafond dei 200.000 euro in tre anni non prenderà nulla e c’è il forte rischio che si generino residui, vincolati in ogni caso a beneficio del settore. Inutili sono state le iniziative di Parchi Permanenti Italiani per accelerare la emanazione del DPCM e le segnalazioni ai Ministri competenti.
Una pagina triste per il settore e per uno Stato che vuole sulla carta sostenere un settore ma poi vanifica i risultati di questa azione attraverso lungaggini burocratiche e immotivata decentralizzazione, creando così non una, bensì 20 procedure, diverse tra loro, per ogni singola Regione.