A Roma una bella manifestazione, per portare le emozioni dei parchi divertimento, ma anche la frustrazione di più di 300 dipendenti, molti dei quali stagionali e non ancora riassunti. L’11 maggio è una data da ricordare per il settore: responsabili e collaboratori di parchi tematici ed acquatici di tutta Italia hanno manifestato a Piazza del Popolo portando la preoccupazione per la sostenibilità delle imprese e i posti di lavoro, alcune decine di migliaia, che questo Paese rischia di perdere.
Eppure si tratta di attività all’aperto, fruibili con la mascherina e nel rispetto di rigidi protocolli di sicurezza. La contraddittorietà rispetto alla riapertura di altre strutture, molte delle quali al chiuso e fruibili senza mascherina è del tutto evidente. Purtroppo il Comitato Tecnico Scientifico, che non dispone di dati derivanti da ricerche specifiche sul settore o evidenze scientifiche legate a contagi nei parchi divertimento, si ostina a ritenere che siano possibili assembramenti e che, quindi, non sia ancora il caso di riaprire queste attività, fisse o itineranti che siano.
Vediamoli allora, i dati disponibili: sono numerose le ricerche di valenza internazionale che confermano la difficoltà di contagiarsi all’aperto. Ma se, dati SIAE alla mano, il settore ha perso nel 2020 oltre il 60 per cento di visitatori rispetto al 2019, registrando solo 7.720.184 presenze, contro le 19.488.558 dei dati 2019, in termini pratici è come aver disposto un contingentamento delle visite al 40 per cento. Se dovessimo calcolare un contingentamento rispetto alle capienze massime autorizzate dalle Commissioni di Vigilanza sui luoghi di spettacolo, possiamo affermare che, di fatto, nel 2020 i parchi hanno aperto al 20 per cento della capienza, ad essere generosi. Dunque è stato registrato un contingentamento rispetto al numero di persone autorizzato di fatto molto superiore a quello disposto per cinema e teatri, che sono strutture al chiuso, ristoranti e palestre.
Eppure gli scienziati del CTS continuano a tenere chiuse queste attività, che danno lavoro a oltre 60.000 persone, tra impiego diretto e nell’indotto. Sono invece aperti chioschi che somministrano aperitivi a centinaia di persone a sera, ovviamente prive di mascherina perché col bicchiere in mano, e senza che qualcuno ne verifichi e imponga il distanziamento necessario ad evitare il contagio.
Questa la realtà, molto amara per i ragazzi e persone con famiglia, che non hanno certezze rispetto al loro posto di lavoro, sono ormai privi di ammortizzatori sociali dopo che, per i più fortunati, c’è stato l’emolumento di soli 600 euro al mese.
Il settore non ha purtroppo ricevuto alcun sostegno specifico né in quanto attività di spettacolo – probabilmente l’unico a non essere stato sostenuto dal Ministero della Cultura – e tanto meno ha beneficiato dei contributi per le imprese turistiche, in quanto di fatto non è ancora considerato per quello che è, un formidabile attrattore turistico visitato da 20 milioni di persone l’anno – al netto dell’ultima stagione e di quella che ancora non si è avviata – che intermedia oltre un milione di pernottamenti l’anno, con la formula parco + hotel.
Il miglior sostegno è l’apertura dei parchi divertimento, e sta trascorrendo troppo tempo. Lo scorso anno, senza campagna vaccinale né terapie anti Covid-19, il settore ha riaperto i primi di giugno. Perché quest’anno tanto timore dopo l’esperienza dello scorso anno, positiva rispetto ai contagi?
A Roma c’erano le mascotte dei più noti parchi italiani, ma dietro il sorriso dei grandi pupazzi c’era la speranza dei loro animatori e il desiderio di tornare a lavorare. Dietro la maschera ci sono persone, giovani che devono essere rioccupati quanto prima: il Governo riuscirà a superare l’incomprensibile reticenza del CTS?