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E’ obbligatorio iscrivere i collaboratori familiari all’INPS? Non sempre. Cosa dice il Ministero del lavoro

Febbraio 10, 2017 by maurizio crisanti Lascia un commento

INPS collaboratori familiariE’ obbligatorio iscrivere all’INPS i collaboratori familiari? E’ una domanda che viene posta da ogni impresa familiare di tanti settori, nello spettacolo viaggiante e in altri settori, come quello degli artigiani, dei commercianti e dei titolari di pubblici esercizi, come bar e ristoranti.  Il Ministero del lavoro, con la circolare prot. 37/0010478/MA007.A001 10/06/2013, che segue, fornisce indicazioni agli ispettori sulle verifiche da fare in caso di presenza nelle attività di collaboratori familiari. Commercianti, esercenti del luna park, parchi giochi per bambini nelle città, alcuni parchi avventura e laser game, ed altre strutture nelle quali è forte la presenza del titolare con la propria famiglia – ditte individuali o imprese familiari –  sono spesso condizionate nell’avvalersi dei propri congiunti, a causa delle norme a tutela del lavoro e dei costi previdenziali molto rilevanti. E come gestire ai fini INPS i collaboratori familiari in caso di convivenze di fatto e unioni civili?

Cosa dice di nuovo il Ministero del lavoro sui collaboratori familiari?

In sostanza il regime dell’agricoltura e dell’artigianato, piuttosto favorevole, viene esteso – in via interpretativa – anche al settore del commercio e dunque, per estensione, anche ai collaboratori familiari dei piccoli parchi divertimento, parchi giochi a conduzione familiare, magari con uno o più dipendenti, ma dove la presenza di congiunti del titolare è frequente. Ma si dice di più: le prestazioni lavorative di pensionati o lavoratori dipendenti fruiscono di una totale “presunzione di occasionalità”. Un vero aiuto, questo, alle piccole imprese familiari e alle ditte individuali, quelle nelle quali il titolare è il capofamiglia e tutti i collaboratori familiari dipendono economicamente da quell’unica attività.

Un sollievo per lo spettacolo viaggiante, itinerante o fisso che sia, costretto nei festivi ed in Estate ad osservare orari impegnativi, nei quali è imprescindibile la collaborazione dei familiari. La questione interessa anche gli artigiani,  il commercio su aree pubbliche, perché gli ambulanti si avvalgono spesso un collaboratore familiare coadiuvante o coadiutore, come a volte viene definito – ma anche pubblici esercizi, bar, ristoranti e negozi o esercizi commerciali di ogni genere, ed attività stagionali quali stabilimenti balneari, gelaterie, stand gastronomici. Oltre agli ambulanti, anche tra le imprese turistiche, negli alberghi a gestione familiare, o nei distributori di benzina, sale cinematografiche  nei centri storici e tante altre tipologie di attività è frequente la presenza di collaboratori familiari, moglie, figli, congiunti e familiari pensionati.

Semplificando, dalla circolare emerge che non siano dovuti i contributi  INPS se l’attività svolta dai collaboratori familiari è prestata in modo “occasionale e non prevalente”, ossia se viene svolta per massimo 720 ore all’anno solare – 90 giorni – a prescindere della presenza del titolare.

Come fare per non pagare i contributi INPS dei collaboratori familiari

Per decidere se versare i contributi INPS al collaboratore familiare si deve tenere conto del fatto che la prova del superamento dei limiti annuali di 720 ore o 90 giorni è a carico dell’Ispettorato del lavoro o degli ispettori INPS. Dunque in questi casi non c’è l’obbligo di iscrizione all’INPS dei collaboratori familiari.

Iscrizione all’INPS dei collaboratori familiari pensionati o dipendenti

Due tipologie di collaboratori familiari sono escluse dall’obbligo contributivo: Si tratta del:

  1. il collaboratore familiare pensionato, in quanto l’attività prestata è solo occasionale e prestata con spirito solidaristico;
  2. il collaboratore familiare già dipendente a tempo pieno con altro datore di lavoro, che, quindi, presta in modo residuale e limitato il proprio lavoro nell’azienda di famiglia;

I collaboratori familiari devono essere inscritti all’INAIL?

Ho già parlato dell’obbligo di iscrizione all’INAIL dei collaboratori familiari: esso scatta dopo i 10 giorni di attività all’anno. Decorso quel termine, è necessario regolarizzare i collaboratori familiari.

L’IRAP dei collaboratori familiari

La Corte di cassazione, con ordinanza a Sezioni Unite n. 17429/2016 del 30 agosto, ha sancito che non è soggetta a pagamento dell’IRAP l’impresa familiare che si avvale di un collaboratore che svolge mansioni esecutive, modificando sostanzialmente l’orientamento di sentenze precedenti.

Nella motivazione della sentenza a Sezioni unite, è chiarito che essa fa un riferimento generale ai contribuenti, definiti «figure di confine individuate nel corso degli anni dalla giurisprudenza di questa Corte», dunque a esercenti che esercitano in forma individuale l’attività d’impresa in qualità di agenti, rappresentanti, promotori finanziari, artigiani, piccoli commercianti, coltivatori diretti del fondo ed in genere di piccoli imprenditori – dunque anche gli esercenti spettacoli viaggianti – che esercitano l’attività prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia.

Come iscrivere all’INPS i collaboratori familiari?

E nel caso in cui fosse invece necessaria la iscrizione all’INPS del titolare, dell’impresa o del collaboratore familiare, è necessario iscriversi all’INPS attraverso la Comunicazione Unica. Ecco come fare.


Nota sui collaboratori familiari

Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali
Direzione generale per l’Attività Ispettiva

Roma, 10/06/2013
Prot. 37 / 0010478 / MA007.A001 (preleva il pdf)

Alle Direzioni regionali e territoriali del lavoro
e p. c.
all’ INPS e all’INAIL

LORO SEDI

Oggetto: collaboratori familiari nei settori dell’artigianato, dell’agricoltura e del commercio – indicazioni operative per il personale ispettivo.

Sono pervenute a questa Direzione generale richieste di chiarimenti da parte del personale ispettivo, nonché da parte di professionisti e di associazioni di categoria, in ordine alla corretta interpretazione della disciplina sulle prestazioni di natura occasionale rese dal familiare nell’ambito di realtà imprenditoriali appartenenti a tre diversi settori: artigianato, agricoltura e commercio.

I quesiti sollevati attengono, in particolare, alla possibilità per l’imprenditore, rientrante in uno dei citati settori, di utilizzare l’attività di familiari – già titolari di altro rapporto di lavoro, pensionati o soggetti che non svolgano tale attività in modo prevalente o continuativo – a titolo di collaborazione meramente occasionale, senza necessità di assolvere gli obblighi nei confronti dell’ Istituto previdenziale competente.

Si riscontra, infatti, di frequente che, nelle piccole realtà imprenditoriali, il soggetto titolare dell’azienda si avvalga della collaborazione di coniuge, parenti -e affini, per espletare compiti o attività a carattere puramente residuale o saltuario, a titolo di mero “aiuto” nella conduzione dell’ azienda.

Quadro normativo .
Nella maggior parte dei casi, la collaborazione prestata all’interno di un contesto familiare viene resa in virtù di una obbligazione di natura “morale”, basata sulla c.d. affectio vel benevolentiae causa ovvero sul legame solidaristico ed affettivo proprio del contesto familiare, che si articola nel vincolo coniugale, di parentela e di affinità e che non prevede la corresponsione di alcun compenso.

Sull’ argomento in esame – il carattere abituale e prevalente del lavoro del familiare dell’imprenditore, individuale o socio, ai fini della iscrizione presso le apposite Gestioni previdenziali INPS – la circostanza che il lavoro sia reso da un familiare contribuisce a determinare in molti casi la natura occasionale della prestazione lavorativa, così da escludere l’obbligo di iscrizione in capo al familiare. In alcune specifiche circostanze, inoltre, l’occasionalità della prestazione può essere qualificata come regola generale e pertanto si ritiene che in sede di verifica ispettiva se ne debba tener conto.

In via prioritaria, appare opportuno ricondurre nell’ambito delle collaborazioni occasionali affetionis causa, escluse dall’obbligo di iscrizione presso l’Ente previdenziale, le prestazioni rese da pensionati, i quali verosimilmente non possono garantire al familiare che sia titolare o socio dell’impresa un impegno con carattere di continuità. Le ragioni possono essere molte: la scarsa volontà di impegnarsi in una attività nuova, la scelta di dedicarsi ad altri progetti o a curare più da vicino il contesto familiare. In sintesi è sempre possibile individuare una o più ragioni che possano giustificare un limitato ed occasionale impegno lavorativo. Ciò appare tanto più plausibile in quanto la “contropartita” di un impegno lavorativo abituale, ossia un futuro e, forse non significativo incremento della rata di pensione, potrebbe apparire poco “invitante” anche alla luce del relativo onere contributivo da sopportare.

Alla luce di tali osservazioni, il personale ispettivo considererà le prestazioni rese dai pensionati, parenti o affini dell’imprenditore, quali collaborazioni occasionali di tipo gratuito, tali dunque da non richiedere né l’iscrizione nella Gestione assicurativa di competenza, né da ricondurre alla fattispecie della subordinazione.

Analoga conclusione può adottarsi nell’ipotesi di prestazioni svolte dal familiare impiegato full time presso altro datore di lavoro, considerato il residuale e limitato tempo a disposizione per poter espletare altre attività o compiti con carattere di prevalenza e continuità presso l’azienda del familiare.

Nei suddetti casi, dunque, la collaborazione del familiare si considera “presuntivamente” di natura occasionale e pertanto il personale ispettivo, solo ove non ritenga di accedere a tale impostazione per la presenza di precisi indici sintomatici di una “prestazione lavorativa“ in senso stretto, dovrà comunque dimostrarne la sussistenza mediante puntuale e idonea documentazione probatoria di carattere oggettivo e incontrovertibile.

Fatta questa premessa per illustrare due casi specifici di utilizzo del concetto di lavoro gratuito occasionale, ricordiamo alcuni interventi di legge aventi l’obiettivo di affermare, al verificarsi di determinate condizioni, il carattere occasionale della prestazione lavorativa.

Il riferimento è in particolare agli artt. 21, comma 6 ter , D.L. n. 269/2003 (conv. da L. n. 326/2003) e 74, D.lgs. n. 276/2003 concernenti, rispettivamente, la disciplina delle prestazioni di natura occasionale rese dal familiare nell’ambito delle imprese appartenenti ai settori dell’artigianato e dell’agricoltura.

La prima delle due disposizioni stabilisce che “gli imprenditori artigiani iscritti nei relativi albi provinciali possono avvalersi, in deroga alla normativa previdenziale vigente di collaborazioni occasionali di parenti entro il terzo grado, aventi anche il titolo di studente per un periodo complessivo nel corso deliberano non superiore a novanta giorni”. La norma prosegue, inoltre, evidenziando che le collaborazioni debbano avere “carattere di aiuto, a titolo di obbligazione morale”, ovvero senza corresponsione alcuna di compensi ed essere rese nel caso di temporanea impossibilità dell’imprenditore artigiano all’espletamento della propria attività lavorativa. Resta ferma, tuttavia, per tale settore, la necessaria iscrizione all’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e la malattie professionali ex D.P.R. n. l124l1965 (cfr. art. 21. comma 6 ter).

Con riferimento alle attività agricole, l‘art.74 D.Lgs. n. 2îl6l2003 dispone. invece, che “non integrano in ogni caso un rapporto di lavoro autonomo o subordinato le prestazioni svolte da parenti e affini sino al quarto grado in modo meramente occasionale o ricorrente di breve periodo, a titolo di aiuto, mutuo aiuto, obbligazione morale senza corresponsione ali compensi

Per quanto concerne il settore del commercio, pur non rinvenendosi un’espressa disposizione sulle collaborazioni occasionali dei familiari svolte a titolo gratuito, si può comunque richiamare l’art. 29, L. n. 16oi 1975, come modificato dalla L. n. 662/1996, ai sensi del quale l’obbligo di iscrizione alla gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali, di cui alla L. n 613/1966, sussiste solo per i titolari o gestori in proprio di imprese che, a prescindere dal numero di dipendenti, siano organizzate o dirette prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia, compresi i parenti e gli affini entro il terzo grado, ovvero i familiari, coadiutori preposti al punto vendita, che partecipino personalmente al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza.

Comune denominatore delle norme sopra illustrate è costituito dal fattore dell’occasionalità che rappresenta l’elemento dirimente al fine di escludere l’obbligo di iscrizione all’Ente previdenziale e il conseguente versamento contributivo relativo all’attività svolta dal familiare a titolo gratuito.

Parametri e casistiche utili al riscontro dell’occasionalità nelle collaborazioni familiari

Prendendo le mosse dal summenzionate quadro normativo, obiettivo della presente circolare risulta quello di fornire indicazioni di carattere tecnico sul mero piano della metodologia ispettiva anche mediante l’utilizzo di presunzioni operative; ciò al fine di orientare le valutazioni in merito alle collaborazioni familiari di tipo occasionale escluse dagli obblighi previdenziali, assicurando in tal modo un’uniforme applicazione delle soluzioni da adottare in sede di accertamento ispettivo.

Occorre sottolineare, innanzitutto. che per attività occasionale si intende quella caratterizzata dalla non sistematicità e stabilità dei compiti espletati, non integrante comportamenti di tipo abituale e prevalente nell’ambito della gestione c del funzionamento dell’impresa.

Al di fuori delle fattispecie sopra declinati: (familiare pensionato o lavoratore full time), al fine di fornire una linea guida che orienti il giudizio sulla non abitualità della prestazione, appare opportuno individuare un parametro di natura quantitativa di tipo convenzionale da poter utilizzare in linea generale al fine di uniformare l’attività di vigilanza in ordine all’accertamento delle collaborazioni “familiari” in questione.

Tale parametro può essere utilmente desunto dalla disposizione di cui all’art. 21, comma 6 ter citato già previsto specificatamente per il settore dell’artigianato, che fissa in 90 giorni nel corso dell’anno il limite temporale massimo della collaborazione occasionale e gratuita prestata nel caso in cui il familiare sia impossibilitato al lavoro. Lo stesso può dunque essere ragionevolmente applicato agli artigiani, al commercio e al settore agricolo, in ragione dei comuni aspetti di carattere previdenziale.

Si ricorda, infatti, che la norma considera collaborazioni occasionali, in deroga alla normativa previdenziale vigente, le prestazioni rese da parenti entro il terzo grado, aventi anche il titolo di studente per un periodo complessivo nel corso dell’anno non superiore a novanta giorni.

In tal senso, nei diversi contesti settoriali, appare opportuno legare la nozione di occasionalità al limite quantitativo dei 90 giorni, intesi come frazionabili in ore, ossia 720 ore nel corso dell’anno solare.

Nel caso di superamento dei 90 giorni. il limite quantitativo si considera comunque rispettato anche laddove l’attività resa dal familiare si svolga soltanto per qualche ora al giorno, fermo restando il tetto massimo delle 720 ore annue.

Trattandosi di parametro esclusivamente orientativo non si ritiene necessario, ai fini del rispetto dello stesso, che l’attività del collaboratore venga svolta “in sostituzione” del titolare dell’azienda. L’art. 21, infatti, fa semplicemente riferimento all’ipotesi di temporanea impossibilità dell’imprenditore di espletare la propria attività lavorativa ed appare dunque possibile riscontrare la genuina occasionalità della prestazione del collaboratore a prescindere dalla contestuale presenza del titolare nei locali dell’azienda ove impegnato in altre attività.

Sotto il profilo propriamente istruttorio, in virtù dei criteri generali di ripartizione dell‘onere della prova. il mancato rispetto del parametro quantitativo dovrà evidentemente essere dimostrato dal personale ispettivo mediante la rigorosa acquisizione di elementi di natura documentale o testimoniale, in assenza dei quali non potrà ritenersi provato il superamento del limite dei 90 giorni ovvero delle 720 ore annue.

Vincolo di parentela e natura giuridica dell’impresa

Per quanto attiene al riscontro del vincolo di parentela, si ritiene opportuno ricondurre in linea generale nell’ambito delle collaborazioni occasionali, escluse dagli adempimenti di carattere previdenziale. quelle instaurate tra il titolare dell’azienda, oltre che con il coniuge, con i parenti e gli affini entro il terzo grado, salva la specifica disposizione applicabile nel settore agricolo che contempla i rapporti di parentela e affinità fino al quarto grado.

In proposito, si ricorda che sono parenti:

• di primo grado i genitori e i figli;

• di secondo grado i nonni, i fratelli e sorelle, i nipoti intesi come figli dei figli;

• di terzo grado i bisnonni e gli zii, i nipoti intesi come figli di Fratelli e sorelle, i pronipoti intesi come figli dei nipoti di secondo grado.

Riguardo agli affini sono tali i parenti del coniuge:

• di primo grado i suoceri;

• di secondo grado i nonni del coniuge e i cognati;

• di terzo grado i bisnonni dei coniuge, gli zii del coniuge, i nipoti intesi come figli dei cognati.

Per quanto infine concerne il soggetto imprenditoriale al quale il vincolo coniugale, di parentela o affinità va riferito, in linea di massima vale la regola generale che l’obbligo contributivo compete all’imprenditore individuale o associato, sia in forma di società a carattere personale (SNC e in accomandita) sia di società a responsabilità limitata. Disposizioni più specifiche valgono per le imprese artigiane e agricole, soprattutto in ragione delle possibili attività esercitate. Per quanto riguarda l’impresa artigiana, essa può essere esercitata in forma individuale e di società, a responsabilità limitata (INPS circ. n. 12611997), in nome collettivo (INPS circ. n. 94/1987) e in accomandita semplice (INPS circ. nn. 126 e 179 del 199?), restando escluse le società per azioni e in accomandita per azioni. Più complesse sono le disposizioni che individuano la figura
dell’imprenditore agricolo e per tale motivo si rimanda in primo luogo alle specifiche norme su coltivatori diretti , coloni e mezzadri e imprenditori agricoli professionali.

Collaborazioni familiari non occasionali- tipologie contrattuali

Merita una ulteriore considerazione la circostanza che nelle realtà imprenditoriali il familiare collaboratore sia inquadrato con differenti tipologie contrattuali. quali il contratto di natura subordinata, autonoma o mediante voucher.

Nel rispetto della libere scelte imprenditoriali, nulla vieta, infatti, che il titolare dell’azienda possa avvalersi dell’ausilio del collaboratore familiare, instaurando con lo stesso un vero e proprio rapporto di lavoro dietro corresponsione di un trattamento economico.

In queste ipotesi, l’eventuale disconoscimento dei rapporti di lavoro posti in essere deve essere presidiato da analitica attività istruttoria basata su una puntuale acquisizione e verifica di elementi documentali e testimoniali, volti a suffragare le soluzioni adottate.

In altri termini, laddove il familiare risulti inquadrato nell’ambito di tipologie contrattuali di lavoro subordinato o autonomo (ad esempio iscrizione alla gestione INPS in concomitanza di eventi che danno diritto alle prestazioni indennitarie di maternità), si predisporrà l’attività istruttoria alla luce dei consueti criteri già evidenziati da questo Ministero in precedenti circolari.

Premesso quanto sopra si invita tutto il personale di vigilanza ad attenersi scrupolosamente alle suddette indicazioni operative richiamando, in ordine a tali profili, l’attenzione anche di coloro che presiedono alla verifica delle pratiche ispettive ed i Dirigenti chiamati ad adottare i provvedimenti definitivi sia di carattere sanzionatorio che volti al recupero della contribuzione obbligatoria.

Il rispetto di tali orientamenti, evidentemente, è richiesto anche da parte degli organi deputati a decidere su eventuali ricorsi amministrativi in merito alla corretta qualificazione dei rapporti di lavoro.

Si ricorda, da ultimo, che il mancato rispetto delle predette istruzioni può rilevare anche sotto il profilo disciplinare e sulla valutazione del comportamento organizzativo del personale dirigenziale in forza di eventuali segnalazioni che verranno trasmesse alla competente Direzione generale di questo Ministero (cfr. nota 27 aprile 2009 – Progetto Trasparenza e Uniformità dell’azione ispettiva).

Si confida nella puntuale osservanza della presente nota al fine di assicurare l’uniformità sull’intero territorio nazionale dell’azione ispettiva.

IL DIRETTORE GENERALE

(Dott. Paolo Pennesi)

Un aggiornamento sui collaboratori familiari dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro

Successivamente, con nota dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro del 15/03/2018 ha ribadito la validità della nota del Ministero del Lavoro del giugno 2013, evidenziando agli Ispettori che l’attività va svolta con una “valutazione caso per caso delle singole fattispecie. In alcune ipotesi – quali ad esempio quella del familiare pensionato che non assicuri una presenza continuativa oppure del familiare che abbia già un impiego full time – è possibile ricondurre verosimilmente tali prestazioni ad esigenze solidaristiche temporalmente circoscritte e, conseguentemente, optare per un giudizio di occasionalità delle stesse con esclusione dell’obbligo di iscrizione alla relativa gestione previdenziale.

In altre ipotesi si è ritenuto di fornire al personale ispettivo un mero indice di valutazione di occasionalità della prestazione che, laddove utilizzabile in ragione degli elementi acquisiti, è analogo – ove ricorrano i medesimi presupposti – ai criteri adottati dal legislatore per il settore dell’artigianato (90 giorni nell’anno) e si basa sull’orientamento della giurisprudenza di legittimità formatosi per il settore del commercio in ordine ai
requisiti di abitualità e prevalenza della prestazione di cui all’art. 2 della L. n. 613/1966.

Tale indice può risultare utile anche in relazione al settore turistico tenendo presente che, laddove si tratti di prestazione resa nell’ambito di attività stagionali, lo stesso indice (90 giorni nell’anno) andrà evidentemente riparametrato in funzione della durata effettiva dell’attività stagionale (ad es. per una durata stagionale di tre mesi, 90:365×90 = 22 giorni).
Si ribadisce, ad ogni buon conto, che il citato criterio di valutazione non è peraltro destinato ad operare in termini assoluti e che, qualora si prescinda dallo stesso, i verbali ispettivi dovranno essere puntualmente motivati in ordine alla ricostruzione del rapporto in termini di prestazione lavorativa abituale/prevalente.

Da ultimo si ritiene utile precisare che le indicazioni sopra fornite sono riferite agli obblighi di carattere previdenziale nei confronti dell’INPS. Per quanto riguarda la tutela assicurativa contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali gestita dall’INAIL dei collaboratori familiari nei settori dell’artigianato, dell’agricoltura e del commercio – trattandosi di obbligo assicurativo notoriamente più stringente – restano valide le precisazioni contenute nella lettera circolare n. 14184/2013 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali”.

Si ribadisce dunque che a determinate condizioni sia possibile collaborare nell’impresa familiare per 720 lavorative, ovvero 90 giorni.

 

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