Una giostra a seggiolini, non solo nel logo della manifestazione, ma declinata a filo conduttore di tutta la comunicazione e gli eventi. Questa la scelta degli organizzatori di Caffeina, il festival della cultura che anima, da nove anni, l’estate viterbese; l’edizione 2014 ha registrato quasi 50.000 spettatori degli eventi, oltre a decine di migliaia a spasso nel centro storico medievale, a curiosare tra le mille opportunità musicali, culturali ed enogastronomiche. Duecentocinquanta tra volontari, segreteria organizzativa, grafico, autisti, elettricisti, fotografi e tanti altri per dieci giorni di eventi del festival che quest’anno ha come tema il “#calcinculo”, un’idea di cultura in movimento da declinare nella formula “un calcio in culo a… ” all’ignoranza, ad esempio, all’ipocrisia o alla cellulite. “A piazza Fontana grande ci sarà un vero calcinculo. Un simbolo del divertimento e della spensieratezza anni Sessanta – ha affermato il direttore artistico di Caffeina Filippo Rossi – Un modo per dire che la cultura non è necessariamente noiosa. Anzi la cultura è sempre e comunque divertimento. Anche la cultura più elevata è un modo per passare piacevolmente il tempo. Si potrà anche acquistare una maglietta con la scritta ”#calcinculo a…” qualsiasi cosa venga in mente”. Mostre, concerti, animazione, libri, teatro, musica jazz, cibo ed ospiti importanti – tra i quali il ministro Dario Franceschini, oltre a Alberto Angela, Gianluca Nicoletti, Giovanni Masotti , Stefano Benni, Pietrangelo Buttafuoco, Vinicio Capossela, Aldo Cazzullo, Gherardo Colombo, Fiorella Mannoia, Dacia Maraini e tanti altri.
L’Intervista
Abbiamo chiesto a Giorgio Nisini, scrittore e co-direttore artistico di Caffeina Festival di illustrarci le motivazioni di questa scelta:
- Una giostra a seggiolini come simbolo di un nuovo modo di concepire la cultura: c’è veramente un legame tra momento culturale e divertimento?
Credo che la vera cultura sia la sintesi perfetta tra tutto ciò che procura piacere estetico, divertimento, inquietudine, momento di riflessione e autocoscienza, interrogazione critica del presente. Quando, per esempio, vado a vedere una tragedia di Euripide a teatro o una tela di Picasso in un museo, vivo insieme tutte queste esperienze: è una giostra di sensazioni in cui anche il piacere, il divertimento, fa la sua parte. Penso che dobbiamo riscoprire il lato ludico della cultura dopo troppa seriosità engagée.
- La cultura come momento intenso ma “leggero”, adatto a serate estive. E’ molto apprezzabile il fatto che sia coinvolto il cuore della città: dal Palazzo dei Papi al Palazzo dei Priori, fino al quartiere medievale di San Pellegrino. E’ così importante riconquistare spazi centrali?
- Assolutamente sì: le giostre sono parte integrante della cultura nazional-popolare, sono momenti di pausa dal lavoro, rientrano a pieno in quella cultura bassa ma importantissima che ha sempre fatto da controcanto alla cultura degli intellettuali. E spesso si è integrata alla cultura degli intellettuali, ne ha rappresentato il rovescio se non addirittura l’anima più autentica, come aveva ben capito un grande teorico della letteratura come Bachtin.
- Nella comunicazione, questa edizione di Caffeina Festival ha scelto un logo che è anche molto di più, diventa hashtag, claim, provocazione intelligente e momento liberatorio. Come si lega una giostra a questo messaggio?
La giostra in questo caso è una metafora di tante cose insieme, a partire dal suo rappresentare il punto di saldatura tra cultura popolare e colta. Caffeina è un festival che si muove perfettamente su questo doppio binario. E poi la giostra dei seggiolini, con l’hashtag #calcinculo, è in termini di comunicazione estremamente funzionale: lo si può adattare e riconvertire come si vuole. Noi lo abbiamo declinato nella formula di “un calcio all’ignoranza”, ma ciascuno può vederci quello che vuole. È una spinta a volare alti, una metafora di libertà e di slancio verso il futuro.
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Dalla prefazione al programma di Caffeina 2015
“Da ragazzino desideravo sempre salire là sopra.
Mi piaceva guardare le sue luci colorate, il movimento rotante dei seggiolini sbalzati nel vuoto, il drappo di stoffa che solo i più bravi riuscivano ad afferrare.
E poi mi piaceva guardare le ragazze volteggiare nell’aria, le loro gambe nude scoperte dal vento, le grida eccitate che salivano fino al cielo.
Non era un desiderio qualsiasi, la semplice voglia di divertirmi facendo un giro sulla giostra: era un desiderio che aveva a che fare con la velocità e con l’altezza, con la vitalità travolgente di chi sta per diventare grande.
Ancora oggi, quando lo vedo da lontano, provo un senso di euforia che non riesco a controllare. Era il mio gioco proibito, il centro di gravità di tutte le fiere di paese. Era il calcinculo”.
Giorgio Nisini