Social media marketing di un museo? Una vera sfida, per un prodotto culturale legato ad un’immagine “polverosa”, che sembra attrarre un pubblico non proprio incline all’utilizzo del web. Non è così, ed il progetto #svegliamuseo dimostra il contrario. Quale l’obiettivo? E’ ben chiaro da subito “Musei italiani poco social? Svegliamoli!” è infatti il claim che appare in bella vista sulla home page del sito. Il progetto nasce per creare una coscienza comune e spingere i musei a migliorare la comunicazione online, avvalendosi degli strumenti più diffusi – ed economici – del momento.
Del resto, dei circa 6.000 musei e collezioni presenti nel Bel Paese, la quasi totalità non utilizza consapevolmente i social network, e si presenta con siti internet che offrono le più comuni informazioni – orari, tariffe ecc. – ma non sono in genere orientati ad attrarre visitatori.
Incuriositi da un tweet del Ministro Bray, che ha apprezzato il progetto, abbiamo consultato www.svegliamuseo.com, apprendendo che “ il sito Museum Analytics.org alla voce Twitter mostra l’andamento degli account museali mondiali in uno scenario dominato – almeno nei primi dieci posti – dai musei americani e inglesi, con il MoMA e i suoi 1.536.328 follower in testa alla classifica. Per incontrare un museo italiano in questo elenco è necessario scendere fino alla 98esima posizione, dove troviamo @MuseiinComune di Roma con 39.791 follower. Il secondo nome italiano in questa singolare classifica è il @Maxxi: in posizione 175 con 20.953 follower. Seguono La Triennale di Milano al 179esimo posto (20.322 follower) e il Mart al 263esimo (12.708 follower). A livello italiano, il quadro è imbarazzante, con soli 48 musei registrati.”. Riguardo a Facebook – che è ancora il social più usato in Italia, sia pure con recenti segnali di perdita di mercato – la situazione è equivalente quindi, almeno statisticamente, ancora più grave.
Insomma, c’è molto da fare, e da imparare anche per il settore delle piccole e grandi strutture del divertimento, perché le regole, i ragionamenti, le strategie del social media marketing sono simili, per molti aspetti.
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I dati confermano che c’è carenza di attenzione, dovuta anche alle scarse risorse ed alla mancanza di specifiche professionalità. Cosa si può fare? Lo abbiamo chiesto a Francesca De Gottardo, archeologa prestata al social media marketing, realizzatrice del progetto #svegliamuseo.
– Promuovere un museo, nel paese più ricco di beni culturali al mondo, è una bella sfida. Queste istituzioni sono in genere alle prese con carenza di risorse ed organici ridotti. Cosa può fare il web per rompere l’isolamento?
Non si può pensare che il web da solo possa risolvere la situazione – abbastanza grave – in cui si trovano i musei italiani, con pochi finanziamenti e scarse risorse a disposizione. Quello che può fare sicuramente è aiutare il museo a migliorare il contatto con il suo pubblico. La comunicazione online rimane fondamentale per avere visibilità e per portare le persone al museo, sia virtualmente sia, in un secondo tempo, fisicamente. Per ottenere risultati serve una strategia digital completa, di cui i social network rappresentano solo una parte. Questi strumenti sono in grado, se utilizzati nel modo corretto, di stabilire un’interazione con gli utenti e di garantire dei feedback al museo, e promuovere la produzione di user generated content. Si crea quindi una vera e propria conversazione con il pubblico, invece di limitare il dialogo alla sola comunicazione di dati di servizio, come orari o aperture straordinarie.
– Il fatto che i musei siano in genere privi di finalità commerciali, incide secondo te in questa disattenzione verso l’utilizzo del web come strumento di marketing?
Credo che il fatto che i musei siano privi di finalità commerciali non significhi, però, che non abbiano comunque delle necessità di gestione economica e che, a fronte di una spesa, non debbano anche loro avere un ritorno sugli investimenti. In altre parole, ottimizzare la comunicazione online rappresenta anche nel caso della cultura un costo che può essere ripagato in termini di pubblico, sia online sia in situ (e quindi monetizzabile). In parte, quindi, il problema dell’ancora scarso uso degli strumenti online da parte dei musei trova una causa nella mancanza di fondi per affrontare la spesa necessaria affinché questi strumenti siano utilizzati nel modo corretto, ovvero professionalmente. In molti casi però – e questo lo dico sulla base di quanto io stessa sto apprendendo da quando mi sono avvicinata a questo mondo grazie a #svegliamuseo – il punto di vista economico non è la sola causa di stallo. Vi si aggiunge un fatto: l’atteggiamento più o meno aperto verso lo strumento digitale e le sue potenzialità: in alcuni casi, i social network e gli altri strumenti web sono ancora visti come accessori e non vengono neanche presi in considerazione per una strategia di marketing museale.
– Una strategia di social media marketing richiede un progetto, più o meno complesso, e persone che non gestiscano i social network come i propri profili personali. Da tempo sosteniamo infatti che il web non sia gratis, che sia, cioè, questione per persone adeguatamente formate. Come può chi si occupa di marketing imparare a sfruttare al meglio le opportunità del web?
Sono d’accordo con te che sia necessario un approccio professionale e specializzato. Il web e i social network sono sì alla portata di tutti nella vita quotidiana ma l’utilizzo di questi strumenti a fini di marketing – aziendale o museale – richiede competenze e preparazione che non si improvvisano dall’oggi al domani. Sono tuttavia anche strumenti per i quali esistono numerosi corsi di formazione di diversa natura, dai workshop di pochi giorni ai master più completi. Si tratta quindi di competenze acquisibili da chi si occupa di marketing, come da chi gestisce una realtà culturale.
– Nei musei, così come tra i parchi di divertimento di cui ci occupiamo, esistono piccole strutture, con una conduzione “artigianale” del proprio marketing, e grandi istituzioni, che possono porsi obiettivi e mettere in campo risorse assai diversi. Che consigli darebbe ad un piccolo museo e ad una istituzione con notorietà internazionale?
Per quanto riguarda la seconda, il consiglio è che, visto che può permetterselo, ricorra a personale specializzato e qualificato che sia in grado di utilizzare al meglio strumenti, immagine e risorse per una comunicazione online ottimale. I professionisti sono tanti ed è, in genere, sempre meglio che ricorrere all’outsourcing tramite agenzie. Nel caso dei musei, la considerazione è supportata dal fatto che bisogna conoscerne bene la collezione per poter creare un dialogo efficace su di essa con il pubblico e solo una persona dall’interno saprà creare quel mix magico di passione e professionalità che serve.
– Infine, in che direzione andrà il progetto #svegliamuseo, dopo aver “evangelizzato”, come si usa dire nel web, i musei, e quante istituzioni state contribuendo a “risvegliare”?
#svegliamuseo è un progetto partito da poco e con una mission iniziale molto semplice e a breve termine. Per aiutare ad attirare l’attenzione sulla problematica della comunicazione online dei musei, abbiamo scelto un naming e un approccio molto social, puntando da un lato alla condivisione dei temi che ci stanno a cuore, e, dall’altro, alla creazione di una community che riunisca gli appassionati e i professionisti del settore perché si confrontino e cerchino insieme una possibile soluzione. Il progetto per raggiungere questi due obiettivi è quello riportato nell’About del nostro sito: contattare i community manager dei musei stranieri che meglio si comunicano online per chiedere loro consigli, esempi e best practice che possano servire a “svegliare” i musei italiani. Il fatto che i piccoli musei locali stiano cominciando a offrirsi volontari per essere consigliati è indicazione che l’Italia è pronta – almeno sul piano teorico – e che stiamo andando nella giusta direzione. Speriamo di riuscire ad ottenere una decina di consigli entro la fine dell’anno e speriamo soprattutto che possano servire!
Quanto al futuro, ci piace molto la community che si sta creando intorno al nostro progetto e vorremmo che con il 2014 #svegliamuseo diventi più “pratico”, coinvolgendo le persone in qualcosa di attivo. Stiamo valutando diverse strade, ma per il momento siamo coinvolte a 360 gradi nelle attività attuali per cui vedremo più avanti, anche in base a come procede il progetto. Anzi, colgo l’occasione per ringraziare Aurora e Federica per il loro aiuto fondamentale e per invitare i lettori di questa nota ad unirsi al gruppo Facebook e a condividere con noi le loro opinioni: #svegliamuseo è open source e chiunque può contribuire a “svegliare” la cultura in Italia!
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