Attività pericolosa e risarcimento del danno derivante da una caduta su un vialetto, in un parco avventura. Una recente sentenza conferma che “incombe sul danneggiato la prova del nesso causale, da escludersi allorché si accerti la concreta possibilità per l’utente di percepire e prevedere con l’ordinaria diligenza la situazione di pericolo, in modo da poter superare la stessa con normali cautele. In tal senso, il comportamento della vittima deve essere attentamente valutato ed assume rilevanza crescente fino ad interrompere il nesso causale.”. Dunque, inciampare, a terra, nel sottobosco, è fatto prevedibile ed evitabile.
Ma c’è di più, relativamente alla nota questione derivante dalla applicazione sconsiderata dell’art 2050 c.c. alle attività svolte nei parchi avventura, ma anche nei parchi di divertimento e parchi acquatici, da parte dei tribunali. Viene con questa sentenza ribadito che il richiamo all’applicazione dell’articolo che qualifica la “attività pericolosa” – e prevede la conseguente inversione dell’onere della prova di aver assunto tutte le cautele, che diventa a carico di chi è responsabile del danno – a tutte le tipologie di parchi divertimento, deve essere esaminata dal giudice di merito, non presunta in astratto, senza presupposti normativi. Nella sentenza l’estensore rileva che “È assolutamente pacifico, che l’accertamento, in concreto, se una certa attività – non espressamente qualificata “pericolosa” da una disposizione di legge – possa, o meno, essere considerata pericolosa ex art. 2050 c.c. è rimesso in via esclusiva al giudice del merito, come tale insindacabile in sede di legittimità.”
Finalmente l’orientamento giurisprudenziale sta cambiando, ed una espressione circa i percorsi dei parchi avventura fa ben sperare anche per questo settore, riguardo alla responsabilità per danni derivanti, quasi sempre, da comportamenti del pubblico, che non osserva le indicazioni dei gestori. Per semplificare, non sempre è a carico del gestore l’obbligo di comprovare che il danno non è avvenuto a causa dell’impianto o di una cattiva gestione – come avviene in caso di “attività pericolosa”- ne un parco avventura è di per se una attività soggetta appunto all’inversione dell’onere della prova, dal danneggiato al danneggiante, come previsto dall’articolo 2050 del Codice Civile.
Le novità sulle questioni di responsabilità nella gestione di parchi acquatici e parchi a tema sono derivanti anche da alcune sentenze, una sulle responsabilità nella caduta causata dal pavimento bagnato e l’altra sulla omessa custodia e l’affidamento presunto all’operatore della attrazione.
Sentenza n. 2495/2016 pubbl. il 21/07/2016
RG n. 7289/2014
Repert. n. 2138/2016 del 21/07/2016
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI GENOVA
SECONDA SEZIONE
In persona del giudice unico dott.ssa Valeria Albino ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n° 7289/2014 del R.G. avente per oggetto:
risarcimento danni
promossa da:
XXXXXXXXXXXXXXXX, genitori esercenti la potestà genitoriale sulla minore XXXXXXXX, elettivamente domiciliati in XXXXX, via XXXXXX presso gli Avv.ti XXXXXXXX e XXXXXXX, che le rappresentano e difendono in forza di procura a margine dell’atto di citazione
-attori-
CONTRO
XXXXX, in persona del legale rappresentante XXXXX questi anche in proprio, elettivamente domiciliati in XXXXXXXXX Presso l’Avv. XXXXX, che lo rappresenta e difende con l’Avv. XXXXX per procura in calce alla copia notificata dell’atto di citazione
… OMISSIS ….
MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Ex art. 45, comma 17, L. n. 69/2009
La presente vicenda processuale trae origine dalla domanda proposta dai signori XXXXXXXXXXXX, genitori esercenti la potestà genitoriale sulla minore XXXXX contro XXXXX e XXXXX personalmente, quale coobligato solidale ai soli fini dell’esecuzione della sentenza di condanna nell’ipotesi di mancato pagamento delle somme dovute, per sentirli condannare al risarcimento dei danni tutti patrimoniali per spese mediche e non patrimoniali, anche di natura psicologica, quantificati in somma non inferiore a € 29.000,00 subiti in conseguenza del sinistro accaduto il giorno il giorno 6 settembre 2012, allorché XXXXX si era recata con degli amici di famiglia al Parco Avventura XXXXX sito in XXXXXX. In tale occasione la minore, dopo aver indossato tutte le dotazioni di sicurezza fornite dal parco, ossia imbragatura e caschetto ed aver partecipato al briefing teorico e pratico con i dipendenti del parco per l’utilizzazione delle attrezzature fisse e mobili del percorso, ad un certo punto, per raggiungere un attrezzo, imboccava un percorso obbligato costituito da una stradina sterrata e scoscesa, completamente priva di qualsiasi delimitazione laterale e/o segnalazione, e di qualsiasi ringhiera o corrimano, e scivolava sul fondo scosceso e sterrato. A seguito della caduta rovinosa nella riva sottostante il sentiero, con uno strapiombo di quasi due metri, non visibile, né in alcun modo segnalato, riportava la frattura scomposta di tibia e perone. Invocavano a fondamento della domanda l’art. 2050 c.c. e/o l’art. 2043 c.c.
Si costituivano i convenuti, contestando la domanda e chiedendone il rigetto. Negavano la responsabilità, affermando che il regolamento del parco prevedeva la presenza obbligatoria di un maggiorenne, che il sinistro si era verificato non durante l’utilizzo di un percorso aereo, ma mentre la ragazzina camminava all’interno del bosco, al di fuori degli itinerari consueti di spostamento da un attrezzo all’altro; che sugli amici dei genitori con cui si trovava la bambina gravava l’obbligo si sorveglianza; che la bambina stava attraversando un’area che non doveva attraversare; che lo stato dei luoghi era visibile e percepibile. Richiamavano la normativa sull’art. 2051 c.c. ed il concorso di colpa del danneggiato ex art. 1227 c.c..
Concessi i termini di cui all’art. 183 c.p.c., ammesse ed espletate le prove orali dedotte dalle parti, licenziata ctu medico-legale sulla persona dell’attrice, la causa, precisata come in epigrafe, passava in decisione, previa concessione dei termini per conclusionali e repliche.
***
L’istruttoria orale svolta ha consentito di accertare che XXXXX cadde il 6 settembre 2012 mentre si trovava al Parco Avventura XXXXX. In tale occasione la minore, accompagnata al parco da amici dei genitori, ai quali questi ultimi l’avevano affidata, dopo aver indossato tutte le dotazioni di sicurezza fornite dal parco, ossia imbragatura e caschetto ed aver partecipato al briefing teorico e pratico con i dipendenti del parco deputato alla spiegazione sull’utilizzo dell’attrezzatura fisse e mobili del percorso, ad un certo punto, come riferito dal teste XXXXXX, dopo aver praticato tutti gli attrezzi del parco, ha deciso insieme agli altri amichetti con cui si trovava, di ripetere l’ultimo attrezzo (come visibile nella fotografia doc. 2 sub 15 di parte convenuta riconosciuta dal teste), e a tal fine si è diretta con loro nuovamente al punto di partenza dell’ultimo attrezzo secondo la direzione indicata nella freccia della predetta foto. Nel percorrere il suddetto tratto di sentiero (riconosciuto anche nella foto 3 di parte attrice), “XXXXXX è caduta dalla scarpata che si vede proprio a sinistra del sentiero segnato con la freccia. C’è un dislivello di circa 1,5 metri tra il sentiero e il terrapieno sottostante dove è caduta Alessia”. Detto percorso era stato effettuato a piedi per la prima volta dai ragazzi, in quanto l’attrezzo che i ragazzi volevano rifare era l’ultimo.
Parte attrice a supporto della domanda ha invocato l’art. 2050 c.c. e/o l’art. 2043 c.c.
È affermazione giurisprudenziale consolidata che per attività pericolose, ai sensi dell’art. 2050 c.c., debbono intendersi non solo quelle che sono qualificate tali dalla legge di pubblica sicurezza o da altre leggi speciali, ma anche quelle che comportino la rilevante possibilità del verificarsi del danno per la loro stessa natura o per le caratteristiche dei mezzi adoperati (così Cassazione civile, sez. III, 8 aprile 1978, n. 1629; Cass. n. 8184/2002). La valutazione di pericolosità va effettuata ex ante sulla base degli elementi di fatto acquisiti al processo ed anche delle nozioni che rientrano nella comune esperienza (Cassazione civile, sezione III, 27 luglio 1990, n. 7571).
È assolutamente pacifico, che l’accertamento, in concreto, se una certa attività – non espressamente qualificata “pericolosa” da una disposizione di legge – possa, o meno, essere considerata pericolosa ex art. 2050 c.c. è rimesso in via esclusiva al giudice del merito, come tale insindacabile in sede di legittimità (Cass. 21 ottobre 2005, n. 20357; Cass. 30 ottobre 2002, n. 15288; Cass. 30 agosto 1995, n. 9205, tra le tantissime).
Improprio appare il riferimento da parte attrice alla suddetta disposizione di legge di cui all’art. 2050 c.c. poiché, anche se in astratto si potrebbe discutere sulla pericolosità del gioco costituito dal camminare, tra un albero e l’altro, su piattaforme sospese dal suolo, cavi d’acciaio, ponti tibetani, tirolesi (carrucole), corde e scale, percorsi dagli utenti, per divertimento e gioco, indossando, peraltro, un equipaggiamento di sicurezza, previa istruzione da parte del personale, dopo la consegna del materiale di sicurezza, e addestramento pratico, in concreto il danno non è derivato dalla dedotta attività pericolosa “sospesa”, bensì dalla caduta della danneggiata da un sentiero del bosco, al cui interno si trova appunto il parco divertimenti, nel sottostante terrapieno, e naturalmente deputato al passaggio di coloro che si trovano all’interno del parco.
Si tratta pertanto di valutare la pericolosità del sentiero e del percorso in sé ex art. 2043 c.c.
Orbene, al riguardo si osserva che i parchi avventura a funi sospese sono strutture allestite per esercitare delle attività ricreative, nelle quali è possibile completare, in gran parte in modo indipendente, un percorso prestabilito. Un parco avventura è composto da più alberi, che sono collegati mediante funi o travi sospese nel vuoto. Tra questi ostacoli i visitatori si spostano da un albero all’altro, rispettivamente da una piattaforma all’altra. È connaturato all’ambientazione del divertimento, ossia il fatto che esso sia costituito dal “passare” da un albero all’altro, che il gioco sia collocato all’interno di un’area boschiva, come ben visibile dalle fotografie prodotte sub doc. 2 da parte convenuta.
Dall’istruttoria è emerso che tra un attrezzo e l’altro le persone erano libere di girare e camminare, in quanto la necessità di essere legati al cavo con l’imbragatura era necessaria solo allorché si stava sospesi e che l’intera area non è recintata, né delimitata in alcun modo, in quanto il parco si trova all’interno dell’area comunale (cfr. dep. XXXXX).
L’organizzazione del parco, proprio per come è strutturata, è ‘aperta’ e strutturata in forza di una piena partecipazione, coinvolgimento ed anche controllo dei genitori o degli adulti che accompagnano i minori, posto che dall’istruttoria è emerso che solo all’ingresso sono previste appositi istruzione e addestramento pratico durante l’iniziale “briefing” deputato a fornire le informazioni sull’utilizzo delle attrezzature e sui percorsi, nonché all’addestramento pratico sull’imbragatura (cfr. dep. XXXXX e XXXXX).
È evidente che attraverso la decisione di partecipare gli utenti accettano il rischio di esporsi ai rischi che appaiono connaturati all’esercizio della pratica di divertimento e al luogo ove essa si svolge, nel caso in esame, un bosco, prevedendo il gioco proprio passaggio tra gli alberi in ambientazione necessariamente naturale. È condivisibile l’affermazione della parte convenuta per cui lo scopo dell’iscrizione e della partecipazione al parco avventura è offrire divertimento attraverso un’attività sportiva in un ambiente integralmente naturale, all’interno di un’area boschiva scevra da cementificazione e da elementi artificiali, e che il bosco, è per sua natura composto di alberi, rocce, terreno in pendenza.
Dalle fotografie emerge chiaramente il contesto nel quale si inserisce il gioco, ossia il bosco nella sua naturalità, costituito da sentieri, scarpate, pietre, alberi, pendenze, tutte visibili e percepibili. Anche dalla foto doc. 2 n. 15 riconosciuta dal teste come luogo ove è avvenuto il fatto appare ben visibile il sentiero da cui è caduta XXXXX, per intendersi quello segnato con la freccia, congiungente due attrezzi, il penultimo e l’ultimo, al di sotto del quale c’è il rilevante dislivello, tipico del bosco e delle fasce genovesi, all’interno del quale erano ubicati gli alberi.
L’ingresso nel parco avventura e l’utilizzo delle strutture esistenti in un parco giochi – a meno che non risulti provato che le stesse erano difettose e, come tali, in grado di determinare pericoli anche in presenza di un utilizzo assolutamente corretto (il che non è, nella specie, sulla base di quanto detto), non si connota, di per se’, per una particolare pericolosità, se non quella che normalmente deriva da simili attrezzature e dall’ambiente in cui sono collocate, le quali presuppongono, comunque, una qualche vigilanza da parte degli adulti. Un genitore (o, comunque, un adulto) che accompagna un minore in un parco giochi deve avere ben presenti i rischi che ciò comporta, non potendo poi invocare come fonte dell’altrui responsabilità, una volta che la caduta dannosa si è verificata, l’esistenza di una situazione di pericolo che egli era tenuto doverosamente a calcolare.
Sia nella fattispecie responsabilitaria di cui all’art. 2051 c.c. (Cass., sez.III, 13.1.2015, n. 287; App. Lecce- Taranto 15.1.2015; Cass. , sez.III, 18.2.2014, n.3793, Cass., sez.III, 22.10.2013, n. 23919, Cass., sez. III, 22.4.2013, n. 9726; App.Napoli, sez.IV, 25.7.2013 e Cass., sez.IV, 13.6.2012, n. 34154, oltre che la citata Cass., sez.III, 20.1.2014, n. 999) sia in quella di cui all’art. 2043 c.c. (cfr. Cass. , sez.III, 16.5.2013, n. 11946), incombe sul danneggiato la prova del nesso causale, da escludersi allorché si accerti la concreta possibilità per l’utente di percepire e prevedere con l’ordinaria diligenza la situazione di pericolo, in modo da poter superare la stessa con normali cautele. In tal senso, il comportamento della vittima deve essere attentamente valutato ed assume rilevanza crescente fino ad interrompere il nesso causale.
Il percorso all’interno del bosco, tenuto conto delle naturali caratteristiche dello stesso, quale emerge altresì dalle fotografie in atti, non appare pericoloso in modo apprezzabile, ossia oltre quelle che sono le naturali caratteristiche del bosco, in cui l’utente contraente deve essere in grado di evitare, con un minimo di diligenza, attenzione e prudenza esigibile, situazioni di pericolo.
Irrilevante appare la circostanza che il giorno dopo il sinistro l’area sia stata identificata con un nastrino rosso, in quanto rispondente ad una cautela della società di gestione del parco, non avente valore confessorio.
Si ravvisano gravi ed eccezionali ragioni di cui al secondo comma dell’art. 92 c.p.c. individuabili nella sicura evenienza lesiva e nella controvertibilità in diritto della vicenda processuale per compensare integralmente le spese di lite e di CTU.
P.Q.M.
Il Tribunale di Genova, definitivamente pronunciando, disattesa ogni altra istanza, deduzione ed eccezione, così provvede:
-respinge la domanda della parte attrice;
-dichiara interamente compensate fra le parti le spese di lite e di CTU;
Genova, 20/7/2016
Il giudice
Dott. Valeria Albino